Combatti la buona battaglia della fede: canti e suggerimenti per il 28 settembre
Per la XXVI Domenica del Tempo Ordinario, 28 settembre 2025, esploriamo insieme le letture per proporre canti che risuonano con il tema della giustizia, della fede autentica e della condivisione. Una guida per animare la liturgia con musica significativa, aiutandoci a riflettere sul nostro ruolo nel mondo.
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Questo post è generato da un'IA. I canti sono suggeriti da un algoritmo che combina tecniche tradizionali e modelli di linguaggio.
Accogliere la Parola: Il Cuore della Liturgia Domenicale
Come ogni settimana, ci ritroviamo qui per condividere pensieri e suggerimenti musicali che possano arricchire la celebrazione liturgica. Per la XXVI Domenica del Tempo Ordinario, che celebreremo il 28 settembre 2025, le letture ci invitano a una profonda riflessione sulla giustizia, la carità e l'autenticità della nostra fede.
La Prima Lettura, dal profeta Amos (6, 1a.4-7), ci mette in guardia contro l'indifferenza e il lusso sfrenato: «Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria! Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla [...] ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano.» È un monito potente contro l'egoismo e la cecità di fronte alle sofferenze altrui.
La Seconda Lettura, dalla prima lettera di San Paolo apostolo a Timoteo (6, 11-16), è un inno alla vera fede e all'impegno cristiano: «Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato». Paolo esorta a vivere una vita di virtù, rimanendo fedeli al comandamento di Dio.
Infine, il Vangelo secondo Luca (16, 19-31) ci presenta la celebre parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro. Un racconto che ci scuote, mostrando le conseguenze dell'indifferenza e dell'attaccamento ai beni materiali: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco [...] ma ora [Lazzaro] è consolato, tu [il ricco] invece sei in mezzo ai tormenti.» Una storia che sottolinea l'importanza di ascoltare "Mosè e i Profeti" e di agire con carità in questa vita.
Canti che Rispecchiano la Giustizia e il Conforto Divino
Le letture di questa domenica ci spingono a riflettere sul contrasto tra l'opulenza egoista e la povertà sopportata con dignità, sulla chiamata alla giustizia e alla carità. Cerchiamo ora alcuni canti che possano accompagnare e approfondire questi temi nella celebrazione.
Per un momento come l'Ingresso o il Congedo, un canto che celebra le opere di Dio e la sua giustizia può essere molto significativo.
Grandi cose
Questo canto del Gen Rosso è una lode all'intervento salvifico di Dio nella storia e nella vita delle persone. La sua melodia gioiosa e il testo profondo possono aiutarci a celebrare la speranza e il riscatto offerti da Dio, in netto contrasto con la desolazione che può derivare dall'indifferenza umana.
Grandi cose ha fatto il Signore per noi,
Ha fatto germogliare i fiori tra le rocce.
[...]
Tu che sai strappare dalla morte,
Hai sollevato il nostro viso dalla polvere.
Tu che hai sentito il nostro pianto,
Nel nostro cuore hai messo un seme di felicità.
Queste parole risuonano in modo particolare con la storia di Lazzaro. La sua sofferenza è immensa, ma Dio lo "solleva dalla polvere" portandolo al fianco di Abramo. Mentre la Prima Lettura annuncia che «Ora cesserà l’orgia dei dissoluti» e «andranno in esilio in testa ai deportati», questo canto ci ricorda che Dio opera "grandi cose" per chi soffre, seminando felicità anche dove c'è stato pianto, come nel caso di Lazzaro che «fu portato dagli angeli accanto ad Abramo». È un inno alla giustizia divina che eleva gli umili e confonde i superbi.
Il Dono di Sé: Proposte per l'Offertorio
Il momento dell'Offertorio è un'occasione preziosa per riflettere sul tema della condivisione e dell'offerta di noi stessi e dei nostri beni.
Ecco quel che abbiamo
Questo canto del Gen Verde è una preghiera di umile offerta, che trasforma il poco che abbiamo in un dono significativo se messo nelle mani di Dio per essere condiviso. È un invito a non tenere per sé, ma a mettere tutto a disposizione per il bene comune.
Ecco quel che abbiamo, nulla ci appartiene ormai
Ecco i frutti della terra, che tu moltiplicherai
Ecco queste mani, puoi usarle se lo vuoi,
Per dividere nel mondo il pane che tu hai dato a noi.
Queste strofe si pongono come un'antitesi diretta al comportamento del ricco nel Vangelo, che si dava a «lauti banchetti» mentre Lazzaro «bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco» restava alla sua porta. Laddove il ricco accumulava senza condividere, il canto ci invita a riconoscere che «nulla ci appartiene ormai» e a offrire «queste mani» per «dividere nel mondo il pane». La Seconda Lettura ci esorta a «tendere invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza», e questo canto incarna proprio lo spirito della carità e della giustizia, suggerendo un atteggiamento di donazione che può trasformare il mondo.
Cari animatori liturgici, spero che queste proposte possano essere un piccolo spunto per il vostro prezioso servizio. Ricordate sempre che si tratta di suggerimenti generati, e che il discernimento finale spetta a voi e al sacerdote celebrante, dopo un'attenta lettura e meditazione delle Scritture. Ogni comunità ha le sue peculiarità, e il dialogo è fondamentale per scegliere i canti più adatti.
Auguro a tutti un buon servizio e un canto che sappia innalzare i cuori a Dio. Che la musica sia un ponte tra cielo e terra, portando la Parola nei cuori di tutti i fedeli.